Religione e
società
UNA FESTA BELLA, SEMPLICE
E GUSTOSA CHE SCALDA I CUORI: SANT’ILARIO DI POITIERS PATRONO DI MELEGNANELLO
FRAZIONE DI TURANO LODIGIANO
“Com’è bello
questo fuoco che scoppietta piano piano….” Questa è la canzoncina che la
Tiritera faceva cantare ai bambini all’inizio dell’inverno nel giardino di una
scuola materna a Milano. Facevano il girotondo attorno a un fuocherello super
controllato bruciando poche foglie secche di quercia, scoppiettavano e i
scolaretti ridevano felici, soprattutto davanti alle ‘monachine”.
Ma qui a
Melegnanello per onorare il patrono Sant’Ilario di Poitiers, vescovo, sul
piazzale erboso della chiesa ardono due grandi fuochi alimentati con bancali
dall’instancabile Antonio, che aveva preparato anche quelli sotto i paioli. Due
fuochi focosi come cavalli imbizzarriti che attirano gli astanti per godersi il
calore e per scacciare la tipica nebbia lodigiana che lievita dal vicino canale
Muzza, dai fossati e dai campi irrorati da piogge abbondanti.
L’appuntamento
con Sant’Ilario si rinnova ogni anno il 12 gennaio alle cinque della sera e i
lodigiani dei paesi circostanti lo onorano collaborando: chi cuoce la polenta,
12 kg. di farina dorata, che lentamente viene cosparsa nel grande paiolo dove
si alternano la coppia Donati, Pino ha l’autofficina a Bertonico, la moglie la gira con maestria
per non farla bruciare sul fondo; poco distante in un paiolo più piccolo bollono 40 cotechini.
Il vapore profumato s’espande fra le
brume della sera. Il poeta Guido Oldani, presente con l’amico tenore
Bizzozzero, ha definito il cotechino “l’anima del lodigiano” e si gode questo
spettacolo, preparando in cuor suo una poesia che presto vedremo pubblicata. C’era
anche il profumo della “raspadura”, preparata con piglio gagliardo da Aldo e
Giovanni e quello della forma gocciolante di gorgonzola dolce che si scioglie
come il burro a contatto della fetta di polenta
bollente e fumante. Il profumo intrigante di spezie del vin brulé sovrasta il
lungo banco delle mescite dove osti generosi distribuiscono vino rosso. Ma per
coloro che hanno già gustato le pietanze salate, c’è il tavolo delle torte:
pastafrolla con marmellate casereccie, con noci, con nocciole. “Tipiche delle
nostre sagre” – dice Angela di Bertonico assaporando criticamente degli assaggi
e consultandosi con la sua amica Pietta. Loro due se ne intendono perché ne ha
fatte di torte per i loro famigliari in occasione della sagra settembrina di
Bertonico.
Intanto il
bravo Antonio continua ad alimentare i fuochi, provocando alte scintille, e
gradevole calore. Gentili signore vendono biglietti della lotteria che ha per
premio molti cesti colmi dei tanti prodotti del lodigiano: salami, coppe,
formaggi, burro, biscotti ecc. Quando l’ultimo biglietto è stato venduto, Don
Gigi, parroco di Turano Lodigiano e di Melegnanello s’impossessa della regia e
declama i numerosi vincitori. E’ contento, anche quest’anno Sant’Ilario vescovo
ha avuto la sua bella festa nonostante il freddo e la nebbia, con tanta gente
venuta da molti paesi vicini.
Una visita
all’interno della Chiesa, ben tenuta e ben illuminata e profumata d’incenso è
d’obbligo. Ed è d’obbligo anche la foto
all’”Ultima cena”, esposta in facciata. La chiesa è stata costruita nel 1527,
fu fatta erigere dal feudatario Alessandro Muzzani fratello di Tersilio. La
storia di questa frazione è interessante ed invito i lettori a consultare il
grande libro sul lodigiano scritto nei primi del novecento dallo storico G.
Agnelli.
La festa
patronale nel pieno dell’inverno allietata dalla musica – non poteva mancare –
si è svolta nella migliore tradizione lodigiana sia in senso religioso che
gastronomico.
Pia Bassi
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