NAVE DEL XIV-XIII SECOLO A. C. RINVENUTA AL LARGO DELLE COSTE
MEDITERRANEE DI ISRAELE. PUÒ FAR RISCRIVERE LA STORIA Annunciato dall’Autorità Israeliana per le Antichità Clamorosa
scoperta che rivela la capacità dei marinai della tarda età del bronzo di viaggiare
in mare aperto e senza poter vedere la cosa Le coste israeliane si rivelano ancora
una volta una vera e propria miniera per importanti scoperte archeologiche,
davvero preziose per mettere meglio a fuoco passaggi cruciali della storia di
tutta l’umanità. Un nuovo straordinario ritrovamento è stato, infatti,
recentemente effettuato, come annunciato lo scorso 20 giugno dall’Autorità
israeliana per le antichità. Si tratta dei resti di un naufragio di
un’imbarcazione mercantile cananea, risalente ben al XIV-XIII a.C., che
stabilisce il record della nave antica mai ritrovata sul fondo del mare,
rivelando nuove e affascinanti prospettive sull’età del Bronzo, che possono
cambiare la storia a livello mondiale, come ha commentato in merito alla
scoperta Jacob Sharvit, responsabile dell’unità marina dell’Autorità israeliana
per le antichità. Il rinvenimento, avvenuto a circa 90
chilometri di distanza dalla costa, al largo della zona di Haifa, a una
profondità di oltre 1800 metri, oltre che per il primato di nave antica mai
trovata fino ad ora e per i resti anfore e vasi ancora intatti, è
particolarmente rilevante poiché dimostra, contrariamente a quanto creduto fino
ad ora, che i marinai della tarda età del bronzo fossero in grado di prendere
il largo verso il mare aperto, navigando anche senza visualizzare la costa. Il ritrovamento è avvenuto
fortuitamente: nel corso di un’indagine sui fondali del Mediterraneo orientale,
i tecnici della società Energean, specializzata nella
produzione di gas naturale, hanno rinvenuto una
grande pila di anfore sul fondo marino. Le immagini sono state trasmesse
all’Autorità israeliana per le antichità, che ha reso, appunto, nota la
scoperta pochi giorni fa. “Nel Mar
Mediterraneo si conoscono solo altri due relitti con carico risalenti della
tarda età del bronzo rinvenuti nel Mar Mediterraneo. Entrambi erano stati
trovati al largo delle coste turche, ma relativamente vicini al litorale”, ha
commentato Sharbit, come riportato da The Times of Israel. Lo studioso ha
sottolineato, inoltre, l’enorme potenziale per la ricerca poiché la nave è
stata conservata a una profondità tale da produrre un effetto simile quasi al
“congelamento” del tempo al momento del disastro, evitando il contatto con
attività umane e il lavorio delle onde e delle correnti sul corpo della nave e
il suo contenuto, caratteristici dei relitti in acque meno profonde. Questa scoperta
ha comportato non poche sfide: i relitti precedentemente trovati vicino alla
costa turca erano accessibili, infatti, con le normali attrezzature subacquee,
ma la profondità a cui si trova questo nuovo relitto ha reso necessaria la
collaborazione tra Energean e l’Autorità israeliana per le antichità, che
unendo le forze hanno messo a punto una complessa operazione di ricerca, sia
dal punto di vista logistico sia da quello tecnologico. È stata
utilizzata una nave attrezzata per condurre lavori in profondità e i tecnici
impegnati nel recupero hanno impiegato uno strumento costruito per l’occasione,
un robot sottomarino manovrato a distanza con due joystick, e progettato per
estrarre i manufatti contenuti nel relitto con il minimo rischio di creare
danni. Le operazioni
di ulteriore analisi e di recupero hanno permesso di capire con certezza che la
nave misurasse dai 12 ai 14 metri e che il carico fosse composto da centinaia
di vasi, alcuni visibili sul fondo marino, altri nascosti da uno strato
sabbioso. Tra le estrazioni figurano due vasi cananei, ciascuno da un’estremità
diversa del relitto e pare che anche le il fasciame di legno sia sepolto nel
fango. Jacob Sharvit
ha spiegato che il commercio internazionale registrò un significativo
incremento durante la tarda età del bronzo, parallelamente al miglioramento del
contenuto tecnologico delle navi, fattore che permise di trasportare
consistenti quantità di merce e di far crescere lo status di città portuali
come la cananea Byblos e di altre città fenicie. Sharvit ha
anche dichiarato che: “L’ipotesi accademica fino sostenuta fino o ora era che
il commercio in quel periodo avvenisse in modo sicuro, da un porto all’altro,
tenendo la costa a portata di sguardo. La scoperta di questa imbarcazione
modifica ora l’intero approccio allo studio delle antiche abilità marinare: è
la prima ad essere stata trovata a una distanza così grande e senza alcuna
vista sulla terraferma”. Grazie a questa
novità, si può pensare quindi che gli antichi marinai navigassero, grazie a un
orientamento basati sui corpi celesti, osservando le posizioni e gli angoli del
sole e delle stelle. Per ciò che
concerne, invece, i motivi del naufragio non è invece possibile ricostruirli
con certezza. Si può ipotizzare, forse una tempesta o un attacco da parte dei
pirati conosciuti come “Popoli del mare”. Le analisi
dello stato e della posizione dei reperti possono far ipotizzare che
l’inabissamento sia stato così veloce da non permettere ai marinai di gettare
in mare il carico, evitando una sua dispersione e permettendo ora di trovarne i
resti raggruppati in un unico punto. “È possibile che le risposte per queste
domande emergano da da ulteriori ricerche sull’imbarcazione, ma anche che
rimangano irrisolte fino a quando non verranno eseguiti ulteriori scavi sulla
nave, utilizzando tecnologie avanzate”, ha concluso Sharvit. Le importanti
scoperte archeologiche estratte dal fondo marino saranno esposte al Jay and
Jeanie Schottenstein National Campus for the Archaeology of Israel a
Gerusalemme.
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