Come
il cervello riconosce i suoni ambientali
Identificate le aree cerebrali coinvolte nel riconoscimento dei suoni
ambientali. Lo studio dell’IRCCS Medea in collaborazione con l’Azienda
Ospedaliera S.Maria della Misericordia di Udine pubblicato su Frontiers in
Human Neuroscience.
L’ambiente che ci circonda è ricco di eventi sonori o segnalazioni di
attenzione che indicano rischio e il loro corretto riconoscimento è essenziale.
Ma quali aree cerebrali sono implicate nel riconoscimento dei suoni ambientali?
I
dati in letteratura sui correlati neuro anatomici legati al riconoscimento dei
suoni provenienti dall’ambiente sono molto contrastanti, sia in
relazione alla lateralizzazione cerebrale sia in relazione alle aree che
sottendono la loro elaborazione.
In base ai precedenti studi di neuroimmagine, le aree coinvolte in maniera
consistente durante l’elaborazione di suoni ambientali includevano la regione
corrispondente al giro temporale medio e superiore, l’insula e l’opercolo
rolandico, il giro paraippocampale e il giro frontale inferiore.
Un network molto ampio quindi, che ricercatori dell’IRCCS Medea, Polo
Regionale Friuli Venezia Giulia, e delle UO di Neurochirurgia, Neuroradiologia
e Fisica medica dell’Azienda Ospedaliera S.Maria della Misericordia di Udine
hanno voluto indagare attraverso uno studio di mappaggio multimodale appena
pubblicato su Frontiers in Human Neuroscience (Identifying
environmental sounds: a multimodal mapping study - Barbara Tomasino, Cinzia
Canderan, Dario Marin, Marta Maieron, Michele Gremese, Serena D'Agostini,
Franco Fabbro e Miran Skrap).
Come primo step, attraverso una meta analisi quantitativa degli studi di risonanza
magnetica funzionale precedenti, i ricercatori hanno evidenziato che
l’attivazione di alcune delle aree apparentemente coinvolte nel riconoscimento
di suoni era influenzata da scelte di disegno sperimentale (ad esempio il tipo
di compito che i partecipanti svolgevano, il tipo di stimoli usati ecc): dunque
non tutte le aree riflettevano la reale attivazione innescata dall’ascolto di
suoni ambientali. In concreto, gli studi mostravano una correlazione tra
attivazioni e ascolto ma non un rapporto causale.
Quali aree erano essenziali al riconoscimento dei suoni ambientali e quali
accessorie?
Lo studio ha quindi preso in esame sette pazienti neurochiurgici,
selezionati in base alle aree coinvolte nella meta analisi, i quali sono
stati sottoposti a test neuropsicologici e ad esame di risonanza magnetica
funzionale durante l’ascolto di suoni ambientali: in effetti i pazienti
mostravano una prestazione patologica al compito di riconoscimento di suoni,
ovvero fornivano risposte non collegate al suono target (non riconoscevano la
fonte che generava quel determinato tipo di suono, es. martello per treno)
oppure semanticamente collegate ad esso (es. gatto per cane).
Ma non tutte le aree individuate nella meta analisi risultavano
effettivamente coinvolte. La regione che è risultata più frequentemente
danneggiata corrispondeva all’ippocampo, insula e giro temporale superiore:
l’esame di risonanza magnetica funzionale, infatti, mostrava alterazioni
nell’attivazione di queste aree nei pazienti rispetto ad un gruppo di volontari
sani.
Di più: contrariamente a quanto descrive la letteratura, che attribuisce una
maggiore responsabilità dell’emisfero destro nel riconoscimento dei suoni, lo
studio dimostra che entrambi gli emisferi risultano coinvolti.
“Attraverso studi di mappaggio multimodale, cioè combinando più tecniche
– spiegano i ricercatori - siamo riusciti ad identificare in un network
molto ampio quali aree cerebrali siano effettivamente essenziali al
riconoscimento dei suoni ambientali e quali invece siano accessorie.
Inoltre i risultati indicano che un deficit di riconoscimento di suoni non
consegue esclusivamente a lesioni dell’emisfero destro o sinistro ma entrambi
gli emisferi sono coinvolti”.
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