Covid-19: durante il lockdown sintomi
depressione per 5 persone su 10, giovani e donne i più colpiti In
Italia durante il lockdown l’88,6% delle persone sopra i 16 anni ha sofferto di
stress psicologico e quasi il 50% di sintomi di depressione, con le persone più
giovani, le donne e i disoccupati che si sono rivelati più a rischio. Sono
questi i risultati di una survey condotta dall’Iss e dall’Unità di
Biostatistica Epidemiologia e Sanità Pubblica del Dipartimento di Scienze
Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità pubblica dell’Università degli Studi di
Padova, appena pubblicata dalla rivista Bmj Open. Lo
studio si basa su interviste somministrate via web attraverso il portale del
progetto (www.prestoinsieme.com). In totale hanno risposto alla survey 5008
persone, di età media 37 anni e in prevalenza donne (63%). Ecco
i risultati principali: • l’88,6% del campione ha lamentato sintomi di
stress psicologico, più frequente nelle donne (il 63% di chi ha avuto il
sintomo era donna) e nei disoccupati. • metà dei soggetti hanno sofferto di sintomi
depressivi moderati (il 25,5%) o gravi (il 22%). Le giovani donne hanno
mostrato una maggiore probabilità di sintomi gravi. • il 23,3% ha mostrato un impatto psicologico
moderato o severo. Anche in questo caso le donne e i giovani sono emersi come i
gruppi più a rischio. • in generale si è assistito ad una diminuzione
della qualità della dieta, con un consumo meno frequente di latticini, frutta e
verdura, e, in particolare per soggetti con sintomatologia depressiva, un
incremento dei consumi di cibi ricchi di grassi e zuccheri. “Questi
risultati – concludono gli autori – possono essere utili nella valutazione
complessiva delle risposte a nuovi outbreaks pandemici, perché forniscono
indicazioni sulla necessità di implementare programmi pubblici di supporto
psicologico per la comunità a fianco delle misure per il controllo pandemico. Questi
dati sono anche per valutare quali sono le ricadute a livello di salute
pubblica, potenzialmente a lungo termine, sulla popolazione, nel caso debba
affrontare lunghi periodi di stress o costrizione. La conoscenza e
consapevolezza dei possibili effetti di una pandemia anche su chi non subisce
direttamente il trauma della malattia, può comunque avere delle conseguenze a
medio e lungo termine su ampie fasce di cittadini. Il fatto che si assista
anche ad un cambiamento in senso peggiorativo di abitudini alimentari, ci pone
di fronte all’evidenza che alti livelli di stress portano al bisogno di
nutrirsi in modo “consolatorio”. L’aumento di zuccheri e grassi nella dieta
quotidiana, per periodi di tempo lunghi, va ad appesantire il nostro
metabolismo e ha conseguenze nello stato di salute delle persone più fragili. I
risultati di una cattiva alimentazione, l’aumento di peso o l’insorgere di
malattie connesse, si ripercuotono anche a livello psicologico. Agire
preventivamente nell’educazione alimentare, aiuta sicuramente ad arginare le
conseguenze di periodi di stress, individuali o comunitari, che registrano un
costo sociale”. |