Dolore cronico: in
Italia solo il 4% di chi ne soffre segue una terapia continuativa con oppioidi.
Dosaggi pari alla metà della media UE Sono 2 milioni e mezzo i pazienti che, nell’arco di un anno, hanno ricevuto
almeno una prescrizione per farmaci oppioidi a scopo analgesico: di questi solo
422.000 (17%) hanno seguito un trattamento continuativo, il 4% sul totale dei
cittadini che soffrono di dolore cronico. Al pre-congress Mundipharma del World
Medicine Park in corso a Maiorca, presentato il primo censimento degli italiani
in cura con oppioidi: i dati confermano come nel nostro Paese, piuttosto che a
fenomeni di abuso, si assista ancora a un sottoutilizzo di queste sostanze. Palma (Maiorca), 11 maggio 2015 – Solo il 17% degli
italiani che hanno ricevuto una o più prescrizioni di farmaci oppioidi, per il
trattamento del dolore, segue di fatto una terapia cronica; il dosaggio medio
giornaliero di questi medicinali, nei pazienti non oncologici, è ancora la metà
rispetto a quello registrato negli altri Paesi europei; in più del 30% dei casi
la dose iniziale nei mesi rimane invariata o, addirittura, subisce un
decremento. Questi i trend delle prescrizioni di oppioidi
nel 2013 in Italia, ottenuti da un’analisi dei dati forniti dall'Ufficio III della Direzione
Generale del Sistema Informativo del Ministero della
Salute. Numeri ufficiali che fanno chiarezza circa i presunti rischi di
dipendenza o di abuso correlati all’impiego di queste sostanze nel nostro
Paese. Lo studio è stato presentato durante il pre-congress
Mundipharma, nell’ambito del World Medicine Park, forum internazionale
dedicato alle scienze mediche, giunto quest’anno alla sua seconda edizione in
corso a Maiorca. Sul totale dei 2.520.000 pazienti che hanno ricevuto almeno una ricetta per l’assunzione di analgesici oppioidi nel 2013, solo 422.000, meno del 17%, hanno seguito un trattamento cronico. Tutti gli altri, 2.098.000, circa l’83%, hanno fatto
un uso sporadico di questi farmaci. Il dosaggio medio
giornaliero di oppioidi (espresso in mg equivalenti di morfina), è risultato, nei pazienti oncologici, di 80 mg/die, in linea con i
valori del resto d’Europa e con i dati di letteratura, in quelli non oncologici, di 30 mg/die, la metà del valore
su cui si attestano gli altri Paesi del Vecchio Continente (60 mg/die). Sul
fronte dell’incremento posologico, inoltre, escludendo dall’analisi i primi 3
mesi di trattamento (la cosiddetta titolazione, il graduale aggiustamento della
dose di un farmaco fino all’ottenimento dell’effetto terapeutico desiderato),
più del 30% dei pazienti ha visto invariato il proprio dosaggio o ha subito un decremento e il 29% ha avuto un aumento, mese su mese, non superiore al 10%. “Mentre solitamente abbiamo dati che forniscono un’istantanea del consumo
di farmaci, con quest’analisi abbiamo cercato di passare dalla fotografia al
film, osservando cosa accade nell’arco di un anno solare a una coorte di
pazienti”, spiega Luca Miceli, autore dello studio
e Dirigente medico presso la Clinica di Anestesia dell’Azienda
Ospedaliero-Universitaria di Udine, diretta dal professor Giorgio Della Rocca. “Su oltre 9 milioni di ricette, divise tra 2 milioni e mezzo di
utenti, abbiamo rilevato solo 422.000 pazienti cronici, di cui 370.000 non
oncologici. Sui 12 milioni di italiani che, secondo i dati di letteratura,
soffrono di dolore cronico benigno, solo il 4% risulta di fatto in trattamento
continuativo con oppioidi. Stessa percentuale si riscontra anche sul fronte del
dolore oncologico. I dati ci restituiscono un quadro sconfortante, che
testimonia, più che l’abuso, il sottoimpiego di questi farmaci”. Nonostante i dati smentiscano
oggettivamente timori e allarmi circa il rischio di abuso dei farmaci oppioidi
nel nostro Paese, il dibattito sul tema rimane ancora acceso, mentre passa
sotto silenzio il problema della mancanza di accesso alle cure antalgiche per
molti pazienti. “Il 17% della popolazione mondiale risiede negli Stati Uniti e in Canada,
dove avviene il 92% del consumo globale di oppioidi e derivati della morfina”, illustra Guido Fanelli, Presidente della Commissione ministeriale per l’attuazione della Legge
38. “Il consumo medio procapite di questi farmaci
è pari a 800 mg di equivalenti in morfina nella popolazione statunitense, 0,64
mg nei Paesi dell’Africa sub-sahariana, 2 mg in Italia. Il rischio che abbiamo
a livello internazione è la double failure: se fossimo troppo restrittivi nel contenere
l’uso degli oppioidi, rischieremmo di impedirne l’accesso alla stragrande
maggioranza dei Paesi del mondo; all’estremo opposto, con la carenza di
attenzione si rischierebbe l’abuso che si sta verificando negli Stati Uniti. In
Italia abbiamo livelli di consumo bassi, come confermato anche da questa
recente analisi. Dobbiamo, quindi, continuare a crescere in maniera appropriata
e regolamentata”. “Più dell’80% della popolazione mondiale oggi non può accedere in modo
adeguato alle sostanze narcotiche per la terapia del dolore”, commenta Gilberto Gerra, dell’Ufficio ONU contro la Droga e il Crimine
(UNODC), tra i relatori del World Medicine Park. “Ogni anno
oltre 5 milioni di pazienti oncologici terminali non ricevono alcun trattamento
che lenisca la loro sofferenza. Un gran numero di barriere legali, economiche e
culturali ha reso questi farmaci indisponibili in molti Paesi e, in contrasto,
la mancanza di regole e di stretto monitoraggio ha favorito l'abuso e l'uso
‘non medico’ in altre aree del mondo, come negli Stati Uniti. A livello
globale, tuttavia, il vero problema resta il mancato diritto ad una efficace
risposta al dolore, come parte del diritto alla salute. Pur nella necessità di
vigilare per la prevenzione dei fenomeni di abuso e illegalità, occorre
ribadire l’utilità di queste sostanze che sono medicine essenziali per
alleviare il dolore secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità e presidi
farmacologici indispensabili secondo le Convenzioni Internazionali”. E proprio per far fronte ai fenomeni di
uso improprio che si sono verificati negli Stati Uniti, la Food and Drug
Administration ha recentemente pubblicato una guida rivolta alle aziende
farmaceutiche, invitandole a sviluppare oppiacei con proprietà
abuso-deterrenti, che funzionino efficacemente quando assunti secondo le
prescrizioni mediche, ma che allo stesso tempo siano in grado di scoraggiare
l'abuso. Si tratta, ad esempio, di formulazioni che rendano complicata la
possibilità di inalare o di iniettare la sostanza, per ottenere un effetto più
intenso. A questo proposito Mundipharma, da sempre impegnata
nella ricerca di soluzioni terapeutiche utili nel migliorare la qualità di vita
dei pazienti, ha già sviluppato prodotti che rispondono proprio ai requisiti
richiesti dall’Agenzia regolatoria americana, come compresse crush-resistant
che non possono essere frantumate o formulazioni che, associando l’oppioide al
suo agonista, rendono il farmaco non attraente per un uso non clinico. Per maggiori
informazioni:
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