Emergenza Epatite C: quale programmazione sanitaria per combattere la
malattia e garantire l’accesso ai nuovi farmaci? Nasce “HCView – Una finestra sulle politiche
per l’epatite C”, frutto del lavoro di un think tank composto da Clinici e
Associazioni Pazienti. Le richieste più
urgenti: implementazione effettiva del Fondo per i farmaci innovativi e varo
del Piano Epatiti per ottimizzare la
gestione e la cura dei pazienti, senza distinzioni né discriminazioni. Roma, 5 febbraio 2015 – La mancanza di stime epidemiologiche (pazienti diagnosticati da trattare) realistiche e aggiornate sul burden epatite C, il problema della sostenibilità economica dei nuovi trattamenti capaci di eradicare il virus e l’attesa del vaglio e dell’attuazione del Piano Nazionale per la Lotta alle Epatiti Virali (PNLEV) che garantisca a tutti i pazienti l’accesso alle nuove cure. Queste le principali criticità legate all’emergenza epatite C, oggetto di dibattito al Convegno “HCView - Una finestra sulle politiche per l’epatite C” in corso a Roma all’Auditorium del Ministero della Salute, promosso da Aboupharma con il patrocinio del Ministero della Salute, EpaC Onlus, SIMIT, Sige e con il contributo educazionale di Abbvie. “HCView - Una finestra sulle politiche per l’epatite C” è la prima rivista interamente focalizzata sull’analisi dello scenario epatite - dati epidemiologici, bisogni dei pazienti e politiche sanitarie – e si propone, attraverso il contributo del think tank composto da Clinici e Associazioni Pazienti, di delineare proposte programmatiche per migliorare da un lato la gestione del paziente con HCV in tutte le fasi del suo percorso e dall’altro individuare modelli di sostenibilità che coniughino accesso alle nuove cure e efficace gestione della spesa. Una sfida importante e urgente, che parte da un dato di fatto: l’epatite è oggi un’emergenza sanitaria globale che, come dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità, conta nel mondo 180 milioni di persone cronicamente infette, pari al 2% della popolazione mondiale, mentre in Italia si stimano oltre 1 milione e mezzo di pazienti, di cui circa 350mila quelli diagnosticati. Oggi però esiste la possibilità concreta di eradicare il virus grazie alla disponibilità di una nuova classe di farmaci, gli antivirali diretti (DAA). “Stiamo assistendo a una rivoluzione epocale nell’area epatite C che si deve all’introduzione di farmaci antivirali innovativi in grado di migliorare il controllo dell’epatite C e di incrementare i tassi di cura dei pazienti passando dal 50% al 90% di guarigioni, cui si aggiunge un profilo di tollerabilità ottimale non confrontabile con le terapie precedenti grazie anche all’assenza dell’interferone nel regime terapeutico, responsabile dei pesanti effetti collaterali” - dichiara Antonio Gasbarrini, Professore ordinario di Gastroenterologia, Università Cattolica del Sacro Cuore Roma. - “In prospettiva, sarà possibile ridisegnare i contorni della gestione di questa grave malattia, però ad oggi assistiamo ancora a ritardi nell’implementazione di quegli strumenti programmatici che strutturano l’accesso alle terapie e garantiscono al paziente la corretta gestione. Si tratta di un discorso ampio che va dalle risorse per accogliere i nuovi trattamenti, fino all’inserimento nei prontuari regionali e alla formazione del personale sanitario, nonché al vaglio di Linee Guida Nazionali”. Oggetto del primo numero della Rivista è come coniugare la sostenibilità del sistema
sanitario italiano “obbligato a risparmiare” e al contempo garantire a tutti i pazienti l’accesso alle nuove cure. In un’ottica di allocazione oculata delle risorse diviene, quindi, necessario stimare il peso economico annuo sostenuto dalla società italiana (costi diretti sanitari e costi indiretti) per il monitoraggio, il trattamento e la gestione dei pazienti con infezione cronica da HCV. In questo contesto si inserisce un’inedita ricerca condotta da Francesco S. Mennini, Professore di Economia Sanitaria, Università di Roma Tor Vergata e basata sul modello del Cost of Illness (COI) che ha consentito di stimare l’onere complessivo associato alle patologie HCV-indotte in Italia. “Si tratta del primo studio in cui siano stati considerati tanto i costi diretti (sostenuti dal SSN) che quelli indiretti (a carico della società). Rappresenta un valido strumento di riferimento per i decisori pubblici che vogliano comprendere in maniera adeguata tutte le voci di costo generate dalla gestione e dal trattamento delle patologie HCV-indotte.” - commenta Mennini che sintetizza così i risultati - “Dal modello emerge come la prevalenza dell’HCV risulta essere il principale parametro epidemiologico capace di generare il livello di variazione più elevato nella stima dei costi assorbiti dalle patologie HCV-indotte, che ammontano a €1,05 miliardi. Di questi €407 milioni sono costi diretti, mentre i costi indiretti, intesi come perdita di produttività attribuibile alla malattia, superano i €645 milioni gravando per circa il 61% sui costi totali.” Il dato
epidemiologico, anche in base ai diversi tipi di pazienti, è l’elemento da
dirimere per fare un’efficace programmazione sanitaria, che possa poi avere
successo a livello locale e diventi veramente “a portata di paziente”. Ne
consegue che, il Piano Nazionale per la
Lotta alle Epatiti Virali, messo a punto nel 2012 e teso a uniformare le cure e l’accesso ad esse
in tutte le regioni d’Italia, risulta oggi non più allineato alla realtà
terapeutica ed epidemiologica, in continua evoluzione. Clinici e Associazioni
Pazienti richiedono quindi un aggiornamento del Piano alla fonte, cui faccia
immediatamente seguito l’approvazione del Ministero della Salute e della
Conferenza Stato-Regioni. Lo scenario futuro – dal momento che
sono in arrivo sul mercato altri nuovi farmaci innovativi – prospetta
inevitabilmente un incremento delle disomogeneità nei trattamenti, regione per
regione, a seconda delle differenti disponibilità economiche, a discapito del
diritto di accesso alle cure, che dovrebbe essere garantito a tutti i pazienti
senza distinzioni né discriminazioni. Cosa che di fatto avviene oggi perché
all’attivo in Italia i pazienti trattati
con i nuovi farmaci sono solo qualche centinaio, in 12 regioni,
nonostante il Fondo stanziato ne preveda almeno 50.000. Sulla questione interviene Massimiliano Conforti, Vice Presidente dell’Associazione EpaC Onlus:
“Esortiamo le regioni ad
attivarsi celermente al fine di assicurare il farmaco ai pazienti, come
previsto dal Decreto Legge 158/2012, art. 10 comma 2 e 3, convertito in legge
N. 189/2012, che stabilisce l’immediata disponibilità dei farmaci innovativi su
tutto il territorio nazionale. E’ sconvolgente e inaccettabile che – a due mesi
dalla determina AIFA sul primo dei farmaci innovativi – ci siano ancora 3-4
regioni che non hanno neppure indicato i centri autorizzati alla prescrizione
dei farmaci. Riteniamo anche fondamentale costituire un fondo molto più corposo
per i farmaci innovativi ed effettuare una revisione dei tetti di spesa della
farmaceutica ospedaliera perché sono in arrivo altri farmaci innovativi (e non
solo anti epatite C), ma soprattutto è improponibile mantenere un accesso
limitato solo ai pazienti gravi per un lungo periodo di tempo. Serve quindi una
programmazione economica di medio-lungo periodo per sconfiggere definitivamente
l’epatite C nel nostro paese in tempi ragionevoli”. Insomma, molto resta ancora da fare a cominciare da un’organizzazione omogenea e strutturata della presa in carico del paziente con epatite - come già fatto brillantemente in alcune nazioni europee tra cui la Scozia, la prima a varare un Piano Epatiti – e da una più precisa rilevazione e tempestiva segnalazione dei pazienti eleggibili a trattamento, senza le quali ogni discorso programmatorio non è nemmeno impostabile.
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