PREVENZIONE
E FARMACI EQUIVALENTI: Presentata
oggi a Milano un’indagine Doxa, commissionata da Teva Italia, che mette in luce
la percezione spontanea relativa al concetto di responsabilità personale e
civile degli italiani quando si parla di un sistema di cure più sostenibile. E
la necessità di una maggiore e più corretta informazione. Milano,
30 ottobre 2014 – L’epoca
storica in cui viviamo certamente non è delle più facili: la particolare
congiuntura economica ha determinato l’esigenza di fare maggiore attenzione al
tema della sostenibilità. Se si parla di Salute, poi, il meccanismo diventa
ancora più complicato perché il concetto di sostenibilità si declina non solo
nella rappresentazione di “risparmio del sistema pubblico”, ma anche in quella di
“vantaggio personale”. Gli italiani identificano nella “prevenzione” e
nell’impiego di “farmaci equivalenti” due
strumenti efficaci per
combattere gli sprechi e garantire al Servizio sanitario nazionale
sostenibilità ed efficienza. A dirlo l’indagine quali/quantitativa
di Doxa, “Sostenibilità
delle cure, chi è il responsabile?”, presentata oggi a Milano e commissionata
da Teva Italia, azienda leader nel settore farmaceutico, da
sempre impegnata nel rendere accessibili cure di alta qualità attraverso lo sviluppo,
la produzione e la commercializzazione sia di medicinali equivalenti sia di
farmaci innovativi, specialità farmaceutiche e principi attivi. La ricerca ha preso in esame un
campione costituito da 600 soggetti, uomini e donne di età compresa tra i 18 e
i 64 anni. Dai risultati è emerso che esistono principalmente tra gli italiani
quattro atteggiamenti riferiti alla sostenibilità della cura: la figura del “partecipativo”,
ovvero colui che con ottimismo ritiene di poter “fare molto attraverso il
proprio atteggiamento e il proprio comportamento quotidiano”, quella dell’”arrabbiato”che crede
“di fare già molto attraverso le tasse e che pretende da medici, farmacisti e
Istituzioni un maggiore impegno”, l’”auto-indulgente”,
convinto “di poter fare molto poco in qualità di singolo” e il “fatalista”,
“convinto che “sia inutile darsi molto da fare a cercare soluzioni perché nel
sistema italiano le cose non cambiano m ai”. È molto importante evidenziare
spiega Massimo
Sumberesi, Managing Director di Doxa Marketing Advice che tra questi archetipi, non è
solamente il partecipativo ad avere un ruolo attivo, ma in qualche modo anche
l’arrabbiato, sebbene le sue energie si concentrino nell’invettiva e siano
eteroriferite”. Continua: “Al contrario, l’auto-indulgente e il fatalista hanno
un atteggiamento passivo e pessimista, giustificando sé stessi e/o accusando
genericamente il sistema di malfunzionamento”. Aggiunge: “Ad eccezione dei
partecipativi, prevale comunque la tendenza ad identificare in soggetti terzi
la responsabilità di ciò che non funziona”. In generale, comunque, gli
italiani ritengono che lo “sperpero di risorse da parte della
pubblica amministrazione “ (64%), la “scarsa equità sociale” (63%) e
l’”opportunismo e la scarsa onestà di chi è al potere” (59%) siano le
principali minacce alla sostenibilità del sistema. Al quarto
posto troviamo anche “l’alto costo dei farmaci”. “Si tratta di un aspetto che
chiama in causa direttamente le aziende farmaceutiche" afferma Hubert
Puech d’Alissac, AD di Teva Italia “in realtà occorre
sottolineare come i progressi scientifici registrati negli ultimi 50 anni siano
stati enormi e spesso possibili proprio grazie all’impegno e alle risorse
investite dall’industria farmaceutica”. Continua: “Inoltre le aziende che
producono farmaci equivalenti, sono state in grado di far risparmiare al
Sistema sanitario italia no 1,5 MLD di € negli ultimi 6 anni. Teva in
particolare è un esempio di realtà che oltre a rendere più accessibili le cure
con i farmaci equivalenti continua a impegnarsi e a investire in ricerca e
sviluppo per creare nuove soluzioni terapeutiche e prodotti specialistici
innovativi.” Proprio
l’utilizzo dei farmaci equivalenti è stato poi indicato dal campione come uno
tra i “comportamenti virtuosi” a garanzia di cure più accessibili per tutti. A
pensarlo è il 29% degli intervistati, mentre il 38% ritiene che “le autorità
sanitarie dovrebbero effettuare più controlli sul SSN” e il 30% che “sarebbe
necessaria una maggiore prevenzione, soprattutto se si parla di certe malattie”. Gli italiani, in particolare,
chiedono di avere più notizie sul farmaco equivalente: sebbene il trend di
consumo dei generici sia in crescita, il
26% del campione intervistato sostiene “di non averne mai parlato con il
proprio medico curante”. Non va meglio in farmacia: cala
infatti rispetto al 2013 la percentuale di farmacisti (dal 58 al 53%) che
“spesso o con una certa frequenza” propone la sostituzione del griffato con il
suo equivalente. In generale, comunque, rispetto
all’anno scorso, la diffusione e, dunque, la cultura relativa ai farmaci
equivalenti non ha fatto registrare variazioni sostanziali, e diventa quindi
importante una forte presa di coscienza da parte delle istituzioni. Non a caso infatti, l’indagine
Doxa evidenzia come proprio i cittadini ritengano che tutti gli attori del
Sistema salute – cittadini, pazienti, medici di famiglia, specialisti e
farmacisti – necessitino di una maggiore informazione, che deve essere erogata
da fonti differenti in funzione del soggetto coinvolto. Ad esempio sia Medici di
Medicina Generale che Farmacisti dovrebbero ricevere una corretta informazione
principalmente da “strutture ospedaliere e Asl”, “organi di governo e politica”
e “Amministrazioni pubbliche locali”. "L'indagine dimostra che
vi sono ancora molti pregiudizi sui farmaci dal nome generico e che, quindi, è
necessaria ancora molta informazione", spiega Silvio Garattini, scienziato e
ricercatore in farmacologia, direttore dell'Istituto di
ricerche farmacologiche "Mario Negri". D’accordo con lui anche Giuseppe
Nielfi, presidente del Sindacato Unico Medicina Ambulatoriale Italiana e
Professionalità dell'Area Sanitaria (SUMAI): “Informazioni
adeguate sono sempre più necessarie a tutti i livelli per superare pregiudizi e affinché notizie non complete o addirittura
errate non
vadano a impattare negativamente sulla salute dei cittadini e sul lavoro dei
camici bianchi”. E aggiunge: “Con la diffusione dell’informazione 2.0,”
prosegue “Doctor Web si
afferma sempre più come
primo referente dei pazienti
di tutte le età e
come veicolo per la formazione degli operatori sanitari.” “Il ruolo del farmacista è un
ruolo essenziale per garantire prevenzione e accessibilità ai farmaci sul
territorio” conferma Claudio Di Stefano, past president
della Federazione nazionale associazione giovani farmacisti (Fenagifar) “tuttavia
il nostro impegno non sempre è sufficiente: occorre infatti che a livello
centrale siano dettate linee guida e strumenti in grado di tutelare giorno dopo
il giorno il lavoro del farmacista”. Per i cittadini, infine, non
sono solamente le Istituzioni a dover garantire una maggiore informazione, ma
vogliono riceverla soprattutto da medici di famiglia (65%), farmacisti (24%) e
dai mezzi di informazione (34%). |