Un nuovo anticorpo monoclonale per la terapia di
infarto e ischemia cardiaca La
ricerca pubblicata su Nature
Communications ha dimostrato
l'efficacia del nuovo farmaco nel bloccare la fibrosi e proteggere il cuore Le
malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte in tutto il
mondo, oltre a causare la principale fonte di spesa sanitaria. In Italia si
spendono oltre 20 miliardi di euro all’anno per la cura di queste malattie. E i
numeri sono destinati a crescere nei prossimi anni. Una nuova
ricerca pubblicata su Nature
Communications ha dimostrato l’efficacia di un nuovo farmaco
biologico, un anticorpo monoclonale capace di bloccare la fibrosi e proteggere
il muscolo cardiaco dopo un infarto del miocardio. Lo studio ha dimostrato che
questo anticorpo ha un effetto benefico attraverso un doppio meccanismo: da un
lato riduce la deposizione di tessuto fibroso che limita la funzione di pompa
del cuore e dall’altro promuove la sopravvivenza delle cellule muscolari
cardiache. La ricerca
guidata da Serena Zacchigna, docente di Biologia Molecolare all’Università
degli Studi di Trieste e responsabile del laboratorio di Biologia
Cardiovascolare dell’International Centre for Genetic Engineering and
Biotechnology (ICGEB) di Trieste, rappresenta un punto di svolta nel settore
delle terapie innovative in ambito cardiovascolare. A fronte
della pressione sociale e sanitaria esercitata da queste malattie, i farmaci
che utilizziamo per curare i pazienti affetti da patologia cardiaca sono
piuttosto datati. “Le nuove terapie biologiche - spiega Zacchigna - stanno
trasformando le cure oncologiche o delle malattie ereditarie, mentre sono
davvero pochi i farmaci biologici per il trattamento delle malattie
cardiovascolari. La stragrande maggioranza delle terapie ad oggi approvate sono
piccole molecole chimiche che generalmente hanno un unico bersaglio, bloccano
ad esempio l’azione di un enzima o di un recettore. Al contrario, i farmaci
biologici (proteine ricombinanti, prodotti di terapia genica e terapia
cellulare) riproducono elementi che normalmente esistono nei nostri tessuti e
hanno perciò la potenzialità di interferire con meccanismi complessi di
terapia. Sono però più difficili da preparare e utilizzare, oltre che più
costosi, e per questo complicati da traslare dagli studi sperimentali ai
pazienti”. Frutto di
una lunga collaborazione tra gli istituti triestini (ICGEB e UniTS) e
l’Università di Zagabria, lo studio rivela il ruolo fondamentale di una
famiglia di proteine, chiamate Bone Morphogenetic Proteins (BMPs),
nell’evoluzione della fibrosi cardiaca dopo un evento ischemico. Il team
croato è da anni un centro di eccellenza per lo studio delle BMPs che, come
dice il nome, hanno un ruolo chiave nella formazione dell’osso, ma che
recentemente sono state implicate anche in altri processi, come appunto la
fibrosi. “Aver potuto collaborare con i colleghi croati – afferma Andrea
Colliva, primo autore del lavoro e ricercatore di UniTS che lavora presso ICGEB
– ci ha consentito di testare l’efficacia di un anticorpo monoclonale che
blocca una particolare versione di proteina BMP (la BMP1.3), i cui livelli
risultano particolarmente elevati nei pazienti che arrivano al Pronto Soccorso
per un infarto del miocardio”. Nell’ultima
fase del progetto, all’asse Trieste-Zagabria si è unito anche un gruppo di
cardiochirurghi di Innsbruck che ha portato le proprie esperienze e competenze
nell’ambito dei meccanismi che sottendono al danno ischemico e allo sviluppo di
terapie innovative. Questo è stato reso possibile dal progetto INCardio -
Terapie Innovative per la cura delle malattie cardiovascolari, guidato da ICGEB
e finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e da Interreg V-A
Italia-Austria 2014-2020. “La collaborazione con i colleghi austriaci –
continua Colliva - sarà fondamentale per validare i risultati di questo studio
in altri contesti di ischemia e fibrosi e per avviare il percorso verso una
possibile applicazione clinica di questi risultati”. Promuovere
l’innovazione transfrontaliera nella cura delle malattie cardiovascolari è
appunto l’obiettivo principale del progetto transfrontaliero INCardio, che ha
consolidato il progetto e unisce una trentina di ricercatori impegnati nel
settore. “Siamo fiduciosi che questo lavoro aprirà la strada ad altri farmaci
biologici nel settore cardiovascolare – conclude Zacchigna -abbiamo bisogno di
cooperazione e collaborazione tra competenze per far sì che i risultati della
ricerca possano arrivare all’uomo e che questo si possa realizzare anche in
Italia”. Riferimenti
per la stampa: UNIVERSITÀ
DEGLI STUDI DI TRIESTE Cristina
Perini, Responsabile Ufficio Relazioni con i Media Università
degli Studi di Trieste cristina.perini@amm.units.it |
Tel. +39 040 5583042 | Cell:
+39-3204363025 ICGEB Suzanne Kerbavcic, Head of Communications, Public Information and
Outreach International Centre for Genetic Engineering and
Biotechnology (ICGEB), Trieste, kerbav@icgeb.org, Tel: +39-040-3757315 | Cell: +39-3405971692
|