Pubblicato su Science
Advances il lavoro di ricerca coordinato dalla Prof.ssa Maria Pennuto (VIMM e
Università di Padova) sulla malattia di Kennedy dovuta ad una mutazione del
recettore degli androgeni che causa la perdita dei neuroni che permettono i
movimenti volontari Recenti ricerche hanno rivelato che un
individuo ogni sei persone è affetto da una malattia neurodegenerativa:una
larga famiglia di disordini del sistema nervoso, che nelle forme più classiche
si manifestano nell’adulto, sono progressive e con un decorso più o meno lento,
ma inesorabile. Parliamo di condizioni quali la
malattia di Alzheimer, la malattia di Parkinson, le malattie del motoneurone e la
malattia di Huntington. Tali malattie hanno manifestazioni cliniche diverse,
che vanno da alterazioni cognitive a disturbi psichiatrici e problemi motori, e
ciò risulta dal funzionamento alterato e dalla perdita di tipi diversi di
neuroni nel cervello e nel midollo spinale. Sebbene clinicamente diverse, le
malattie neurodegenerative condividono diversi aspetti, tra cui quelle di
essere patologie che si manifestano dopo i 40 o 50 anni di età nelle
forme più canoniche, e di essere caratterizzate dall’accumulo di fibre
tossiche di proteine dentro e fuori dai neuroni. Per di più sono accomunate
da morte dei neuroni associata con infiammazione o attivazione dei processi
di degenerazione che portano il neurone all’autodistruzione. Nella maggior parte dei casi tali
patologie sono sporadiche e non associate a mutazioni su geni specifici. In
alcuni casi, queste patologie sono associate a mutazioni su geni diversi. Ed è
proprio studiando tali forme genetiche che possiamo investigare i
processi patologici che avvengono nei neuroni. Nasce da qui lo studio coordinato dalla
Prof.ssa Maria Pennuto - VIMM e Università di Padova – e condotto dalle
ricercatrici Diana Piol e Laura Tosatto, che si è concentrato
sullo studio della malattia di Kennedy, anche nota come atrofia muscolare
spinale e bulbare (SBMA), causata dall’espansione di un tratto di
poliglutammine nel gene che codifica il recettore degli androgeni. Nello studio “Antagonistic effect of cyclin-dependent kinases
and a calcium dependent phosphatase on polyglutamine-expanded and rogenreceptor
toxic gain-of-function”, pubblicato su “Science Advances” si indaga
sulla mutazione del recettore degli androgeni che causa la perdita di quei
neuroni che ci permettono di effettuare tutti i movimenti volontari, dall’uso
dei muscoli facciali alla deglutizione al muovere le gambe e le braccia. I pazienti infatti sono via via costretti ad utilizzare supporti
per camminare fino all’uso di sedie a rotelle a causa dell’affaticamento e dell’incapacità
di muoversi. Studiando come il recettore degli androgeni funziona in
condizioni normali e nella malattia, il gruppo di ricerca diretto dalla
Prof.ssa Maria Pennuto ha dimostrato che la proteina mutata viene modificata da
fattori cellulari, che aggiungono dei gruppi chimici o li tolgono. Tali
modifiche avvengono sul recettore mutato in maniera più forte rispetto al
recettore normale. Il gruppo di ricerca ha identificato i fattori responsabili
di tali modifiche chimiche e quelli che le rimuovono. Se farmacologicamente o
geneticamente si riduce l’attività di questi fattori, si assiste ad un miglioramento
della funzionalità del recettore, dimostrando quindi la rilevanza di queste
scoperte nel contesto della malattia di Kennedy. La ricerca condotta dal gruppo
di Padova è stata effettuata in collaborazione con altri laboratori situati in
Italia e all’estero. Scopo dello studio è l’identificazione di nuovi target
molecolari e l’ampliamento delle conoscenze nell’ambito delle
malattie neurodegenerative. “Questo studio ci ha
permesso di chiarire che il recettore mutato va incontro alle stesse modifiche
del recettore normale. Ciò che davvero cambia è l’entità di tali modifiche, che
sono più forti nel caso del recettore mutato” Ha sottolineato Maria Pennuto, coordinatrice
del progetto di ricerca.“E questo si traduce in un funzionamento non
ottimale del recettore che quindi non riesce a compiere le funzioni che
normalmente esegue nei neuroni e nelle cellule muscolari. L’identificazione dei
fattori responsabili di tali modifiche potrà aiutare al raggiungimento di una
migliore comprensione dei processi patologici che avvengono nel paziente, e in
futuro porterà alla individuazione di nuovi bersagli terapeutici”. Il progetto di ricerca della prof.ssa Maria Pennuto sulla malattia di Kennedy è iniziato nel 2013, quando ha ricevuto un finanziamento di oltre 500.000 euro da parte della Provincia Autonoma di Trento, nell’ambito del programma per le carriere dell’Istituto Telethon-Dulbecco (DTI), che le ha permesso di creare un gruppo di ricerca indipendente per lo studio di questa patologia. MARIA
PENNUTO Maria Pennuto si è
laureata con lode in Scienze Biologiche nel 1996 presso l’Università “La
Sapienza” di Roma. Nel 2000 ha ottenuto il diploma di dottore di ricerca in
“Biologia cellulare (Cellulare e Molecolare)” (XIII ciclo) presso l’Università
degli Studi di Milano. Dal 2001 al 2004, ha svolto un post-dottorato nel
laboratorio del Dr Lawrence Wrabetz (San Raffaele, Milano), dove ha investigato
i meccanismi molecolari alla base della malattia della mielina periferica
Charcot-Marie-Tooth tipo 1B. Nel 2005 si è recata presso il National Institute
of Neurological Disorders and Stroke (National Institutes of Health, NIH,
Bethesda, MD) negli USA, dove ha svolto attività di ricerca come visiting
post-dottorato presso il laboratorio del Dr Kenneth Fischbeck, investigando i
meccanismi molecolari alla base delle malattie del motoneurone. Nel 2008 ha
ottenuto la posizione di Staff Scientist presso il Dipartimento di Neurologia
della University of Pennsylvania (UPenn, Philadelphia, PA USA), dove ha
continuato la propria attività di ricerca sulle malattie neurodegenerative. Nel 2009 la Dr
Pennuto è rientrata in Italia con una posizione di ricercatore indipendente
presso il Dipartimento di “Neuroscience and Brain Technologies” dell’Istituto
Italiano di Tecnologia di Genova. Qui ha diretto l’unità di ricerca sulle basi
molecolari delle malattie neuromuscolari degenerative quali SBMA e SLA. Nel
2013 ha vinto il premio alla carriera Dulbecco Telethon (DTI) e ha ottenuto una
posizione di Ricercatore di tipo B presso il Centro di Biologia Integrata
dell’Università di Trento. Nel 2017 Maria ha ottenuto una posizione di
Professore Associato presso l’Università degli Studi di Padova. A partire dal
2018 è vicedirettrice e capo unità presso l’Istituto Veneto di Medicina
Molecolare (VIMM), Padova. |