IL MUSEO RICORDA MARCELLA PEDONE Si è spenta a 103 anni la prima fotografa freelance
italiana, testimone di oltre cinquant’anni di storia del Paese Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Via San Vittore 21, Milano Milano 11 gennaio 2023. Si è spenta all’età di 103 anni Marcella
Pedone, la prima fotografa freelance italiana. Vissuta a cavallo di due secoli, Pedone è stata una pioniera
che, lottando contro pregiudizi e stereotipi in un campo all’epoca
completamente maschile, è stata testimone dell’evoluzione del Paese,
integrandosi tra pescatori e contadini, avventurandosi in fabbriche e cantieri,
scalando montagne e spingendosi nelle profondità delle miniere per documentare
mondi oggi spariti o profondamente trasformati. Nel 2017 la fotografa ha donato al Museo la sua banca
immagini di 170.000 scatti accumulati in oltre cinquanta anni di attività,
insieme alle macchine fotografiche Rolleiflex, Hasselblad, Mamya e Nikon
utilizzate per produrli in oltre cinquanta anni di lavoro. La sua collezione e
la sua vita sono da allora diventate oggetto di indagine da parte del Museo e
del mondo accademico. “Marcella Pedone ha anticipato di decenni, con la sua vita
personale e professionale, principi che si sono consolidati nella nostra
società e costituiscono una fertile visione anche per il futuro. Libertà,
autonomia, competenza e passione sono tutti valori che emergono nella sua
ultima mostra temporanea Dolomiti Trasfigurate, tenutasi al Museo: uno
straordinario regalo culturale”, ricorda Fiorenzo Marco Galli, Direttore Generale del Museo. Il suo lavoro ha saputo dare un volto, storicamente e
artisticamente valido, ai momenti evolutivi del contesto sociale e ambientale
italiano nella seconda metà del Novecento. L’obiettivo del Museo è quello di
valorizzarlo attraverso lo studio e l’educazione alla cultura visiva. Nel 2021
ha organizzato nei suoi spazi la prima monografica di Marcella Pedone, dedicata
al mondo reale e leggendario delle Dolomiti. MARCELLA PEDONE - LA BIOGRAFIA Dopo aver studiato Lingue a Venezia, viaggia per l’Europa
nell’immediato dopoguerra per approfondire il tedesco e le lingue scandinave.
In Germania comincia infatti a fotografare e a formarsi professionalmente come
reporter, lavorando poi per conto di case produttrici di apparecchi fotografici
e pellicole (Rolleiflex e Ferrania) e tenendo conferenze foto-cinematografiche
sull’Italia nel circuito delle Università popolari tedesche, le
Volkshochschulen. Per loro organizza proiezioni dei propri scatti accompagnate
da canti popolari, che presentano al pubblico tedesco un’Italia in gran parte
sconosciuta: un paese prevalentemente preindustriale in via di trasformazione,
“raffinato e insieme arcaico”. Il successo le regala una discreta notorietà e
la collaborazione con la più importante agenzia fotografica tedesca: la
Bavaria. Tornata in Italia, avvia una collaborazione con Ferrania, che
le affida la sperimentazione e la promozione della sua pellicola a colori:
fotografica ma anche cinematografica in 16 mm, che lei testa in diverse
condizioni di luce. Dotata di una cinepresa Bell&Howell e libera nella
scelta dei soggetti, Marcella Pedone entra in quegli anni nel mondo
prettamente maschile della produzione documentaria. Sola, a bordo della inseparabile roulotte, Marcella Pedone
percorre l’Italia in un arco temporale che parte dal dopoguerra ed arriva agli
anni più recenti, inerpicandosi su montagne, vivendo tra pescatori e contadini,
calandosi nelle miniere e avventurandosi in fabbriche e cantieri per comporre
una biografia per immagini in cui natura, società, ambiente, feste,
tradizioni, documentano la trasformazione del Paese da società agricola a
realtà industriale. Marcella Pedone racconta innanzitutto un’Italia
minore, ai cui riti collettivi riconosce un forte valore identitario: la sua
descrizione delle manifestazioni legate alla cultura popolare, che osserva con
attenzione etnografica, costituisce spesso l’ultima testimonianza di usanze
ormai scomparse. I suoi soggetti comprendono paesaggi di tutta Italia e
anche di paesi esteri, documentando spesso scenari pre-industriali, come
avviene per i mestieri e processi tradizionali della penisola. Pedone ha
realizzato reportage sui cavatori di marmo di Carrara, i fonditori di campane
in Abruzzo, le miniere di zolfo in Sicilia, le mondine al lavoro nei campi di
riso oltre ad aver interpretato, con scatti suggestivi di paesaggi dolomitici,
la mitologia popolare alpina. Anche la produzione cinematografica si muove tra
documentazione etnografica e cinema industriale, documentando riti, modi di
vivere e lavorare dell’Italia del secondo dopoguerra. Dopo il fallimento di Ferrania, Pedone intraprende una
carriera autonoma e, priva del sostegno economico e produttivo di grandi
aziende, si ritaglia un proprio spazio nel settore dell’editoria divulgativa
e scolastica, creando una fornitissima banca di immagini, in cui fosse
possibile scegliere i migliori soggetti per i vari prodotti editoriali. La
vocazione didattica della sua opera proseguirà infatti con lavori per conto di
Aristea, Loescher, De Agostini. LA COLLEZIONE DONATA AL MUSEO Nel 2017 Pedone ha donato al Museo la sua banca immagini di
170.000 scatti accumulati in oltre cinquanta anni di attività, insieme alle
macchine fotografiche Rolleiflex, Hasselblad, Mamya e Nikon utilizzate per
produrli in oltre cinquanta anni di lavoro. La collezione di Marcella Pedone si presenta con un carattere
di organicità eccezionale, per la sua completezza nel testimoniare la
professione fotografica documentaristica. Tra gli elementi donati al Museo spicca il “negozio-archivio”
di 170.000 scatti, ma sono stati acquisiti anche sette corpi macchina, tredici
obiettivi, diversi set di accessori (cavalletti, lampeggiatori, borse professionali e filtri). La
raccolta è completata da attrezzatura per la ricerca sul campo (magnetofoni e
microfoni) e per la presentazione pubblica dei materiali (proiettori per
pellicole e diapositive, teli e amplificatori). La collezione mostra bene come la storia della fotografia non
possa essere ridotta alla sola storia degli oggetti iconografici, delle
‘fotografie’; né, viceversa, alla mera storia della tecnologia, delle
‘macchine’. La cultura
materiale della tecnica fotografica, la poetica dell’autrice, la sua prassi
lavorativa e il contesto storico-sociale in cui si è svolta, sono tutte
parti di un unico sistema. Come racconta lei stessa, Marcella Pedone si era dotata degli
strumenti di produzione che nel suo orizzonte di lavoro, il mercato editoriale
scolastico e turistico, “erano il meglio”: per la loro qualità manifatturiera,
ma anche per il prestigio professionale collegato. Pedone ha continuamente
aggiornato la sua dotazione in funzione dell’evoluzione della tecnologia e
delle richieste del mercato, oltre che della propria personale poetica. Nella
collezione troviamo macchine come la Rolleiflex 3,5A (1951), la Mamya Super 23
(1968) la Hasselblad 500C (1967-80), la Nikon F1 (1971-74), con i relativi set
di obbiettivi e accessori. La conquista e il mantenimento della strumentazione
professionale avevano costi rilevanti: l’acquisto del set Hasselblad comportò
negli anni ’60 una spesa di circa 35 milioni di lire (l’equivalente di circa
350.000 euro). La collezione permette di osservare in dettaglio come era
fatta la ‘bottega viaggiante’ di una fotografa documentarista freelance nel
secondo dopoguerra. La sua acquisizione rimanda ad una tradizione del Museo,
che sin dalle origini accosta agli ambiti produttivi industriali su larga scala
la ricostruzione di botteghe artigiane in diversi settori, a testimoniare
la varietà delle situazioni storiche in cui opera l’homo faber. LA VALORIZZAZIONE DELLA COLLEZIONE Il lavoro di Marcella Pedone è stato a lungo misconosciuto:
ciò è avvenuto a causa della posizione subalterna sia della fotografia
destinata all'ambito editoriale divulgativo rispetto ad altri ambiti più
prestigiosi, come per esempio la fotografia pubblicitaria; sia della sua
condizione femminile rispetto a quella dei colleghi uomini. La collezione e la
vita di Pedone sono dunque diventate oggetto di indagine da parte del Museo e
del mondo accademico. Dal 2017 è attivo un progetto di ricerca dell’Università
degli Studi di Padova, con la collaborazione del Museo, a cura del prof.
Mirco Melanco, docente di cinema del reale presso il Dipartimento dei Beni
Culturali: archeologia, storia dell'arte, del cinema e della musica. A novembre
2020 è stata pubblicata una monografia a firma di Melanco con il prof. Denis
Lotti e la dott.ssa Romina Zanon, prossima autrice di una tesi magistrale
dedicata a Marcella Pedone. Nel 2018 la collezione è stata oggetto di una tesi di laurea
triennale sulla conservazione degli archivi fotografici, presso la Facoltà di
Scienze e Tecnologie dell’Università degli Studi di Milano (tesi di Andrea
Pozzi, relatore prof. Leonardo Gariboldi, correlatori Giovanni Cella e Paola
Redemagni del Museo). Come ha osservato Zanon, l’azione fotografica di Marcella
Pedone, sebbene di impostazione artistica, condivide con l’approccio
scientifico dell’indagine etnografica diversi elementi del processo: le sue
immagini possono dare un volto, storicamente e artisticamente valido, ai
momenti evolutivi del contesto sociale e ambientale italiano nella seconda metà
del Novecento. Fin dalle sue origini il Museo conferisce infatti un ruolo di
primo piano alla cultura fotocinematografica, con particolare attenzione agli aspetti
tecnologici e al loro significato come strumento di documentazione della
realtà. La conoscenza diretta e il valore attribuito a questi aspetti da parte
del fondatore Guido Ucelli, è testimoniato dall’attenzione e dalla cura che ha
fin da subito riservato alla costituzione dell’archivio fotografico del Museo e
dallo straordinario fondo fotografico presente nell’archivio privato. Ampliare le collezioni relative alla fotografia, fenomeno che
rende pienamente conto dello snodo tra arte e scienza, permette di sviluppare
con maggiore completezza alcuni temi fondamentali della storia del XX secolo ed
è per questo che, tra gli obiettivi del Museo ci sono anche la valorizzazione
e l’educazione all’immagine e al rilevante ruolo sociale assunto dalle
tecnologie di comunicazione e dalla cultura visiva. L’impegno in questo
senso ha permesso al Museo di affermarsi come interlocutore qualificato in
campo fotografico e la nuova sensibilità dimostrata dal Ministero della
Cultura, permette di prevedere ulteriori sviluppi futuri. DOLOMITI TRASFIGURATE - LA PRIMA MOSTRA AL MUSEO Nel luglio 2021 il Museo ha ospitato Dolomiti Trasfigurate,
la mostra monografica che la fotografa ha dedicato al mondo reale e immaginario
delle Dolomiti. Un omaggio alla natura e ai miti di una terra in cui il
reale e il simbolico si intrecciano nella sperimentazione fotografica della
composizione e dei cromatismi. Un equilibrio estetico e narrativo che trova il
suo fondamento nella bellezza dirompente del paesaggio e nella genuinità della
vita di montagna, in cui riecheggiano le antiche leggende ladine di cui Pedone
si fa interprete attraverso una selezione di 32 opere fotografiche,
dall’archivio di immagini donato al Museo. Accanto alla fotografia di documentazione, Marcella
Pedone intraprende anche un percorso più artistico e personale lontano
dai tempi e dalle logiche del mercato editoriale, alla ricerca di una propria
interpretazione della Natura e della Bellezza. Una piccola parte di questo suo lungo e proficuo lavoro, è
dedicato al mondo reale e leggendario delle Dolomiti, che conosce
profondamente e che aveva già valorizzato agli esordi della sua carriera in
Germania, quando organizzava “proiezioni musicali di fotografia” per le
Università popolari serali, proponendo canti di montagna accompagnati da
immagini di paesaggi e tradizioni folkloriche montane. Marcella Pedone ritorna a quel mondo magico e gli dedica uno
sguardo intimo e onirico, diverso da quello adottato precedentemente nelle sue
fotografie e in cui lo splendore estetico, l’asprezza e il fascino dei paesaggi
si intrecciano a una vita più segreta e profonda, fatta di durezza e fatica ma
anche di magia e miti quasi dimenticati. Per comporre le sue opere, Pedone utilizza una tecnica
particolare: attraverso un’attenta progettazione preliminare, sovrappone due o
più pellicole a colori, sommando fra di loro ritratti e paesaggi, particolari e
panoramiche, talvolta ritoccando cromaticamente i dettagli fino a raggiungere
il risultato desiderato. Compone così un racconto che conduce il visitatore dal
mondo reale fino ad una dimensione fiabesca e onirica, in cui convivono
pastori e Salvane, coraggiosi Arimanni, abitanti delle selve, Maghi e Ondine
che si muovono fra le malghe, i mulini e i castelli dei Monti Pallidi. Dolomiti Trasfigurate, in ladino Crepes trasfegureded, è la prima rassegna
fotografica che il Museo dedica a Marcella Pedone a seguito dell’acquisizione
della sua intera Collezione. |