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L'INESORABILE RITIRATA DELLA MARMOLADA

 


La conferma dalle misurazioni annuali condotte sulla fronte del ghiacciaio da geografi e glaciologi dell’Università di Padova: sui 9 segnali frontali si registra un arretramento medio di oltre 6 metri rispetto allo scorso anno, il volume perduto in cent’anni arriva quasi al 90%


 

La superficie e il volume del ghiacciaio della Marmolada continuano a ridursi. Lo confermano le misurazioni annuali condotte sulla fronte del ghiacciaio da geografi e glaciologi dell’Università di Padova, che tratteggiano di anno in anno un quadro sempre più fosco sullo stato di salute del più importante ghiacciaio delle Dolomiti.

 

«Nonostante la candida apparenza dovuta a precoci nevicate tardoestive e un'annata tra le più nevose degli ultimi trent'anni – dice Mauro Varotto, responsabile delle misurazioni per il Comitato Glaciologico Italiano – il ghiacciaio della Marmolada continua la sua inesorabile ritirata: le misure effettuate in questi giorni sui 9 segnali frontali registrano infatti un arretramento medio di oltre 6 metri rispetto allo scorso anno».

«Le misure – afferma Aldino Bondesan, coordinatore delle campagne glaciologiche per il Triveneto e autore di indagini sullo spessore del ghiaccio mediante georadar assieme a Roberto Francese dell’Università di Pavia – si svolgono tradizionalmente andando a registrare la posizione delle fronti glaciali rispetto a dei segnali noti. Accanto a queste, oggi vengono impiegate tecnologie all’avanguardia che consentono di esplorare l’interno del ghiacciaio e quindi determinare i volumi in gioco. Nel caso della Marmolada, quello che registriamo è che il volume perduto in cent’anni arriva quasi al 90%, è un dato estremamente significativo».


«Che i ghiacciai delle Dolomiti siano in ritiro è sotto gli occhi di tutti. Misurare l’evoluzione dei ghiacciai è importante sia dal punto di vista numerico, scientifico, che storico e culturale. ARPAV fa monitoraggio ambientale dei parametri della neve e dell’aria per dare risposta al mondo scientifico - aggiunge Mauro Valt, tecnico ricercatore ARPAV -, ma anche per dare una giusta e corretta informazione al pubblico che osserva questi ghiacciai in arretramento sempre più piccoli, segnale di qualcosa che sta cambiando nel nostro ambiente».

Per far conoscere le proprie attività di ricerca e sensibilizzare la cittadinanza sui drammatici effetti del cambiamento climatico, il Museo di Geografia dal 2019 ha lanciato l’iniziativa “Misuriamo assieme il ghiacciaio della Marmolada”, una campagna glaciologica partecipata realizzata in collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano, ARPAV e Legambiente, giunta quest’anno alla terza edizione.

«Il bilancio dell’edizione 2021 è certamente positivo – osserva Giovanni Donadelli, curatore del Museo – circa una trentina di partecipanti tra studenti, docenti, professionisti e semplici curiosi, provenienti da 5 regioni diverse, si sono uniti a noi, nelle due giornate di lavoro, per conoscere la geografia del Ghiacciaio della Marmolada, comprendere quali siano metodi e strumenti utilizzati per misurare i ghiacciai e partecipare direttamente alle operazioni di misurazione. È stata per loro l’occasione di vedere in azione anche alcuni degli strumenti solitamente esposti al museo e avvicinarsi così al patrimonio immateriale della ricerca geografica sul campo».

 «La Marmolada – conclude Alberto Lanzavecchia, docente di Finanza Aziendale all’Università di Padova - è teatro educativo per chi vuole imparare e conoscere la montagna come maestra di vita. Oggi siamo testimoni di come l’economia stia cambiando queste montagne: da una parte, attraverso la copertura con i teli di alcune porzioni del ghiacciaio, l’uomo sta cercando di combattere il cambiamento climatico per anticipare la stagione dello sci invernale, che con difficoltà resiste; dall’altra continuiamo ad interferire con il ghiacciaio, come mette in evidenza lo studio dei rifiuti che la sua ritirata rilascia tra le rocce: dai residuati della guerra mondiale, a quelli di vecchie baracche e infrastrutture ricettive, o degli sciatori e degli escursionisti di oggi che con lo sfregamento dei propri indumenti tecnici o lo smarrimento delle loro mascherine inconsapevolmente contribuiscono a rilasciare microplastiche nel ghiacciaio».


 

 

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