Gli antenati dei
Neanderthal a Grotta Romanelli
Gli ultimi studi
condotti presso il sito preistorico di Grotta Romanelli, realizzati da
Sapienza, Università di Torino, Statale di Milano e Istituto di geologia
ambientale e geoingegneria (Igag) del Cnr, hanno permesso di retrodatare i
livelli basali del deposito di grotta a circa 350mila anni fa
Le origini del sito preistorico di
Grotta Romanelli in Puglia sono molto più antiche di quanto i ricercatori hanno
ritenuto finora. Gli ultimi rilevamenti geologici e le attività di scavo
infatti hanno permesso di ricostruire l’evoluzione della grotta, che ha
iniziato a riempirsi molto tempo prima di quanto creduto finora, con modalità
simili probabilmente a quelle di altre grotte del tratto di costa salentino in
esame. Uno studio realizzato da Sapienza, Università di Torino, Statale di
Milano e Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio
nazionale delle ricerche (Cnr-Igag), appena pubblicato sulla rivista Nature-Scientific
Reports, dimostra che uomini e animali hanno iniziato a lasciare testimonianza
della loro presenza nei sedimenti della grotta molto prima di quanto indicato
dalle ricerche passate.
Il sito Grotta Romanelli è un importante
giacimento archeologico e fossilifero del Paleolitico italiano che rappresenta
da oltre un secolo un riferimento internazionale per lo studio della
preistoria. Situata in un’insenatura della costa salentina vicino a Castro
(Lecce), la grotta conserva tracce di fasi differenti del passaggio dell’uomo
preistorico attraverso numerosi reperti archeologici, paleontologici, sepolture
umane, arte parietale e mobiliare.
Le nuove scoperte cambiano notevolmente
la ricostruzione dell’evoluzione geologica dell’area con implicazioni
importanti anche per la storia delle variazioni del livello del mare e degli
ecosistemi in questo settore del Mediterraneo.
“I depositi alla base della successione
stratigrafica - spiega Pierluigi Pieruccini del Dipartimento di Scienze della
Terra dell’Università di Torino e primo autore dello studio - sono riferibili a
un ciclo sedimentario, risalente a circa 350mila anni, invece dei 125mila
(Tirreniano) ritenuti finora”.
Nel complesso degli strati inferiori,
infatti, sono stati messi in luce microfossili marini e livelli stalagmitici
che, insieme a fossili di grandi mammiferi e strumenti in calcare, hanno
permesso di attribuire i depositi a un periodo più antico del Tirreniano. Le
datazioni sono state realizzate in collaborazione con il laboratorio HISPEC di
Taiwan.
La presenza di umani in Italia
molto prima che comparissero i primi Homo sapiens viene confermata. “Questo
nuovo quadro stratigrafico, aggiunge
Ilaria Mazzini, ricercatrice del Cnr-Igag di Montelibretti – rafforza quindi
l’idea che gli esseri umani che frequentarono la grotta agli inizi siano
precedenti ai Neanderthal”.
Le nuove attività di scavo e ricerca
stanno evidenziando un quadro ancor più ricco e articolato dei molteplici
elementi di interesse scientifico del sito di Grotta Romanelli. Nella grotta
sono presenti evidenze di fasi differenti dell’evoluzione del territorio
salentino con il passaggio da forme antiche umane, che hanno vissuto con grandi
mammiferi poi estinti come elefanti, ippopotami e rinoceronti, per passare
nella parte alta della sequenza stratigrafica alla presenza di Homo sapiens e
alle rappresentazioni artistiche incise sulla volta della grotta.
“Le attività di scavo sul terreno
proseguiranno – afferma Luca Forti, geologo dottorando dell’Università Statale
di Milano che fa parte del team – con l’esplorazione della parte più interna
della grotta, mai studiata finora”.
“Un progetto che prosegue – spiega
Raffaele Sardella del Dipartimento di Scienze della Terra di Sapienza,
coordinatore del progetto – e che oltre alle nuove e numerose scoperte
scientifiche intende lavorare anche alla valorizzazione e alla divulgazione delle
ricerche di un sito che dopo oltre un secolo continua a raccontare storie
affascinanti e sorprendenti”.
Focus
La Sapienza a Grotta Romanelli
I primi ritrovamenti in zona risalgono
al 1869, quando Ulderigo Botti, a seguito del rinvenimento di fossili durante
un’escursione nella vicina Capo di Leuca, vi ipotizzò la presenza dell’uomo
preistorico sin da epoche remote. Solo nei primi del Novecento iniziarono
ricerche sistematiche che portarono alla scoperta della grotta ad opera del
paleoantropologo Ettore Regalia e del pittore salentino Paolo Emilio Stasi. Dopo
decenni di scavi condotti da diversi studiosi, negli anni ‘70 le attività sul
campo incontrarono un lungo periodo di stasi. A partire dal 2015 un team
multidisciplinare coordinato dal professore Raffaele Sardella del Dipartimento
di Scienze della Terra dell’Università della Sapienza di Roma e finanziato dal
Progetto Grandi Scavi dell’Ateneo ha riportato l’attenzione su questo sito, che
ha ancora molte sorprese in serbo. Nel corso delle passate campagne di scavo il
sito ha restituito numerosi manufatti litici e in osso, pietre incise, resti di
arte parietale con composizioni geometriche e zoomorfe oltre a ossa umane
riferibili alla parte finale del Pleistocene.