L’azione dei
nutraceutici sulla flora batterica intestinale preserva il cuore e la spesa del
Sistema Sanitario
Presentato
oggi a Bologna durante il congresso annuale SINut (Società Italiana di
Nutraceutica), un documento di consenso intersocietario che valuta il
potenziale nutra-economico e i benefici clinici derivanti dall’utilizzo dei
nutraceutici, attivi sulla disbiosi intestinale, per il controllo
dell’ipercolesterolemia e dei problemi cardiovascolari. Un board di esperti ha
indagato l’impatto dell’uso dei nutraceutici sui costi del Sistema Sanitario
Nazionale, in termini di riduzione di spesa sui farmaci e sulla diagnostica.
Bologna,
15 giugno 2018 - Intervenire
sul nostro “secondo cervello” - l’intestino con il suo corredo di flora
batterica intestinale – con l’utilizzo di nutraceutici, aiuta a ridurre il
rischio cardiovascolare attraverso la diminuzione dei livelli di
colesterolo nel sangue. Oltre ai benefici clinici, i prodotti nutraceutici
possono inoltre avere un ruolo fondamentale sul contenimento dei costi sanitari
se adottati per la prevenzione e il controllo di specifiche patologie ad
alto impatto socioeconomico. Lo conferma il documento di consenso
intersocietario“Disbiosi intestinale e rischio cardiovascolare: valore
clinico ed economico dell’intervento nutraceutico”, realizzato con il
supporto incondizionato di Montefarmaco OTC e presentato oggi a Bologna
all’VIII Congresso Nazionale SINut (Società Italiana di Nutraceutica) e
pubblicato sulla rivista ufficiale della società scientifica; il documento
definisce, attraverso i dati attualmente disponibili, lo ‘stato dell’arte’
delle relazioni fra microbiota e malattie cardiovascolari (CVD) e analizza i
benefici economici dei probiotici (associati o meno ad altri nutraceutici)
nella disbiosi intestinale e nella prevenzione delle malattie cardiovascolari.
Il
professor Arrigo Cicero del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche
Università degli Studi di Bologna e Presidente SINut, primo firmatario tra gli esperti del board
che ha stilato il documento, spiega che “non sempre, per ridurre i
valori medio - bassi di colesterolo nel sangue, è necessario ricorrere ai
farmaci e non sempre è sufficiente una variazione dello stile di vita. Diversi
studi clinici oggi dimostrano che singoli integratori, o associazioni di
integratori, possono dimostrarsi particolarmente efficaci per il contenimento
della colesterolemia. Un approccio scientifico interessante è rappresentato
dalla possibilità di associare un integratore per la riduzione del colesterolo
a uno che possa ridurre l’assorbimento del colesterolo a livello intestinale,
come ad esempio il riso rosso fermentato con i probiotici; lo attesta uno
studio clinico dell’Università di Milano, presentato poco più di un anno fa”.
Lo studio in questione
prova infatti che l’associazione di nutraceutici con un probiotico porta alla
riduzione del colesterolo cattivo quasi del trenta per cento.
“Nel caso in cui non
sia utilizzabile in prima scelta la statina, può essere necessario usare un
integratore nutraceutico - aggiunge il professor Alberto Martina del
Dipartimento di Scienze del Farmaco e Master Prodotti Nutraceutici
dell’Università degli Studi di Pavia -. Anche il caso dell’intolleranza
ai farmaci può far preferire i nutraceutici. Con l’aumento dell’età, gli
effetti negativi delle statine possono farsi sentire maggiormente, quindi i
nutraceutici possono essere una valida alternativa, o possono essere
somministrati a supporto del farmaco stesso. In questo caso si parla disupplementazione
nutraceutica (add on treatment)”.
Alberto Martina quindi
conferma l’importanza della prevenzione: “Con i nutraceutici si può mettere
in atto quella che viene definita medicina di intervento, in
contrapposizione a una medicina di attesa, che passa attraverso
l’assunzione di un farmaco”.
Oggi le patologie
cardiovascolari (CVD) rappresentano la principale causa di mortalità e
disabilità nei paesi sviluppati, oltre a costituire un grave fardello economico
per il Sistema Sanitario Nazionale (SSN). In Italia i costi diretti delle
malattie cardiovascolari (CVD) per il Sistema Sanitario (SSN) sono di circa
16 miliardi di euro all’anno, ai quali vanno aggiunti circa 5 mld in termini di
costi indiretti calcolati principalmente come perdita di produttività. In
particolare, l’ipertensione è uno dei più potenti fattori di rischio per gli
eventi cardiovascolari, tra cui l’infarto del miocardio e l’ictus: e presente
in circa un quarto della popolazione mondiale ed è responsabile di circa il 41%
dei decessi correlati alla malattia cardiovascolare.
“Complessivamente si
stima che il costo delle malattie cardiovascolari in Europa superi i
196miliardi l’anno. Di questi, il 54% è associato a costi diretti sanitari
sostenuti dai Sistemi sanitari; il 24% è dovuto a costi indiretti associati
alla perdita di produttività dei pazienti e il 22% è sostenuto dalle famiglie
in termini di informal care – spiega il professor Giorgio Colombo,
docente di Organizzazione Aziendale, Facoltà di Farmacia, Università degli
Studi di Pavia e Direttore Scientifico S.A.V.E. - Studi Analisi Valutazioni
Economiche di Milano -. In particolare, nel nostro Paese, il costo medio
sostenuto dal SSSN per soggetto con ipercolesterolemia è di 6.100 euro l’anno,
che oscillano da 3400 euro a 8.800 euro”.
“Secondo
i risultati di una recente analisi di nutra-economia, il potenziale risparmio
che si genererebbe per il Sistema Sanitario Nazionale nell’arco temporale di 10
anni a seguito dell’uso dei prodotti nutraceutici nell’ipercolesterolemia,
ammonterebbe a circa 116 milioni di euro, che si tradurrebbe, pertanto, in un
risparmio annuo di circa 11,6 milioni di euro -, conclude Colombo -. Se l’intento è quello di spostarsi dalla
medicina tradizionale alla medicina preventiva e dalla promozione del farmaco a
quella della salute, i prodotti nutraceutici potrebbero risultare utili per la
riduzione dell’incidenza di importanti patologie croniche e/o delle loro
complicanze e comportare, quindi, un reale risparmio per il Sistema Sanitario”.