Pierre-Auguste Renoir L’alba di un nuovo classicismo Rovigo, Palazzo Roverella 25 febbraio - 25 giugno 2023 Mostra a cura di Paolo Bolpagni Vernice per la stampa: venerdì 24
febbraio 2023, ore 11 Cartella-stampa e immagini: www.studioesseci.net È una mostra davvero originale quella
dedicata a “Pierre-Auguste Renoir: l’alba di un nuovo classicismo”, curata da
Paolo Bolpagni, che la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
annuncia in Palazzo Roverella dal 25 febbraio al 25 giugno del ’23. Di Renoir,
uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo, è messo a fuoco il momento
successivo alla breve esperienza impressionista, quando l’artista, spinto da
una profonda inquietudine creativa, decide di intraprendere, nel 1881, un
viaggio in Italia. Un tour che ebbe inizio a Venezia,
dove a colpirlo furono soprattutto Carpaccio e Tiepolo (mentre già conosceva
bene Tiziano e Veronese, ammirati e studiati al Louvre); che proseguì per brevi
tappe a Padova e a Firenze; e che trovò una meta fondamentale a Roma. Qui
Renoir fu travolto dalla forza della luce mediterranea e sviluppò
un’ammirazione per i maestri rinascimentali. Un’ulteriore tappa del viaggio fu
il golfo di Napoli: Renoir scoprì le pitture pompeiane, fu rapito dalla
bellezza dell’isola di Capri e quasi soggiogato dai capolavori antichi esposti
nel museo archeologico. Infine andò a Palermo, dove incontrò Richard Wagner e
lo ritrasse in un’opera divenuta famosa (ma non si può dire che fra i due
scoccò la scintilla: anzi, il compositore gli concedette soltanto
quarantacinque minuti di posa). Il viaggio in Italia, più che
suscitare opere di particolare rilievo, fu foriero di una sorta di rivoluzione
creativa per l’artista, riverberandosi sul prosieguo della sua produzione, che
culminerà, di fatto, nell’abbandono della tecnica e della poetica
impressioniste, che avvenne prima dell’ufficiale scioglimento del sodalizio nel
1886. Dalla joie de vivre delle
scene di divertimento della borghesia parigina degli anni Settanta, Renoir
passò quindi a uno stile aigre, aspro. Riprendendo anche la
lezione di Jean-Auguste-Dominique Ingres, il pittore, allora poco più che
quarantenne, recuperò un tratto nitido e un’attenzione alle volumetrie e alla
monumentalità delle figure, nel segno di una sintesi che enucleò una personale
forma di classicismo, mentre le tendenze dominanti viravano verso il
Postimpressionismo da una parte e il Simbolismo dall’altra. Nei primi due
decenni del Novecento Renoir passò poi a dar vita a un’arte che costituì,
mentre si scatenavano le avanguardie, una precoce avvisaglia della nuova
sensibilità che sarebbe divenuta dominante dopo il conflitto mondiale,
dipingendo in un possente stile neo-rinascimentale, dove i toni caldi e
scintillanti mutuati da Tiziano e da Rubens si coniugavano con i riferimenti a
un’iconografia mitica e classicheggiante e con un’esaltazione della poetica
degli affetti familiari. Renoir anticipava in tal modo vari aspetti del rappel
à l’ordre: un lato meritevole di messa a fuoco, giacché quella che
superficialmente è apparsa a non pochi come un’involuzione era, in realtà, una
premonizione di molta della pittura e della scultura che si sarebbero
sviluppate tra le due guerre. La mostra si concentrerà soprattutto
su questa seconda fase della carriera di Renoir, a partire dal ritorno dal
viaggio in Italia sino alle opere della vecchiaia, dapprima evidenziando
vicinanze e tangenze con Giuseppe De Nittis, Federico Zandomeneghi, Giovanni
Boldini e Medardo Rosso, italiani attivi a Parigi, e poi ponendo in risalto
l’originalità di una produzione che non fu affatto attardata, ma che costituì
uno dei primi casi quella “moderna classicità” che sarebbe stata perseguita da
numerosi artisti degli anni Venti e Trenta, in maniera speciale in Italia, come
sarà evidenziato dai confronti che saranno istituiti nelle sale di Palazzo
Roverella. Per esempio con le sculture di Marino Marini e Antonietta Raphaël
(affiancate alla Venus Victrix di Renoir del 1916), e
con i dipinti di Armando Spadini, Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Arturo Tosi,
Filippo de Pisis, Luigi Bartolini, Enrico Paulucci. Sarà dunque posta al centro
dell’indagine la produzione di Pierre-Auguste Renoir a partire dagli anni
Ottanta del XIX secolo, che segnò l’inizio di un progressivo allontanamento
dall’esperienza impressionista. La mostra seguirà poi l’evoluzione della sua
pittura nei successivi sviluppi, dalla monumentalità classicheggiante e
“neorinascimentale” delle figure ai paesaggi della Provenza e della Costa
Azzurra, indagando sia i rapporti con altri artisti, sia le “assonanze” con
chi, nel periodo del “ritorno all’ordine”, ne mediterà e assimilerà la lezione.
In mostra il percorso prenderà avvio da un capolavoro della stagione
impressionista di Renoir, il grande studio preparatorio a olio su tela del
celeberrimo Moulin de la Galette, per misurarne poi la deviazione via
via sempre più netta da quel linguaggio. Non mancherà il fil
rouge del racconto biografico delle vicende personali dell’artista,
anche sulla falsariga della biografia che il figlio Jean, celebre regista,
dedicò al padre all’inizio degli anni Sessanta del Novecento (Pierre-Auguste
Renoir, mon père). Info: www.palazzoroverella.com tel 0425460093. Fondazione Cariparo Relazioni con i media: dott.ssa Alessandra Veronese -
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