PIAZZE DI SOGNI INCARNATI Introduzione Già dalla prima impressione, di fronte ai versi di Maria Carla Baroni appare in evidenza la forte passione sottesa alla sua scrittura. Una passione, peraltro, sempre controllata dall’intelligenza e dunque da una lettura della proprio esperienza condotta alla luce della ragione e della discrezione naturale dei toni.
Baroni si muove su una
considerevole ampiezza di territori e dunque producendosi su una varietà di
temi quanto mai aperta. D’altra parte questo suo libro si propone come scelta
ragionata da un lavoro poetico svoltosi nei decenni, e dunque come raccolta
ideale della poesia di una vita. Almeno fino a questa altezza, a questi anni,
ovviamente. E una raccolta dove il nobile puntiglio dell’autrice le ha consentito
utili ritocchi e una organizzazione interna in grado di farne una vera e
proprio opera organica, per quanto utilmente e con chiarezza articolata. I due punti essenziali di questo
libro sono nella parte meditativa e di pensiero (con cui Piazze di sogni incarnati si apre, ma che si muove internamente in
tutte le sezioni ) e nel sentimento privato e pubblico che ha guidato la storia
personale di Baroni. Una storia dove è centrale la vicenda politica di cui è
stata ed è protagonista e che è sorretta da una tensione morale e ideale
davvero importante. E in questo libro tale dimensione è presente spero in modo
diretto, con passaggi felicemente arditi e perfino, se vogliamo, quasi
provocatori. Baroni entra nelle figure degli
affetti, dell’amore, dei luoghi dove la sua vitale curiosità l’ha condotta, con
acquisizione di sempre nuove conoscenze, nel corso di una vita straordinariamente impegnata e dunque coinvolta nelle cose e nel sociale. Ma, appunto, esiste una linea
interna forte di pensiero che guida l’intero percorso di questa poesia, del
tutto estranea tra l’altro alle maggiori e più note linee di tendenza tra
secondo Novecento e oggi. Un fil rouge quello che insiste, spesso carsico, in Piazze di sogni incarnati e che agisce
anche quando non si manifesta in modo esplicito. E si tratta di un’idea
dell’esserci che vive e si trasforma nell’equilibrio misterioso del molteplice,
che perviene alla sua apparente fine totale, nell’infinito tempo, che, come ci
dice fin dall’inizio, “tutto trasforma” ed “è solo un infinito presente”.
Dentro il quale noi siamo il nostro stesso divenire. Apparentemente fine totale
o quanto meno parziale dentro l’incessante divenire del mondo, dentro l’energia
ovunque distribuita e attiva, dove si rigenera in altre forme. E in questa piena
apertura si realizza l’idea dell’esserci, di una vita umana come “goccia
vibrante dell’infinito fiume”, un pensiero espresso nella sobrietà dei versi di
Maria Carla Baroni, un esserci che trova sede nella realtà concreta dei
divenire, dove morte potrà poi tradursi in nuova vita. Maurizio Cucchi |