La sfida della sostenibilità digitale: privacy e sicurezza È quanto emerge dal nuovo Rapporto della Fondazione per la Sostenibilità
Digitale “Privacy e Sicurezza” 4 italiani su 10 sembrano ignari o
indifferenti al tema della privacy 1 italiano su 4 ritiene necessario
ripensare la privacy nell'era digitale Quasi il 70% ritiene che i social
network abbiano un potere eccessivo, ma solo il 22% del totale chiede una
regolamentazione più severa L’Osservatorio della Fondazione per la Sostenibilità Digitale – la più importante Fondazione italiana riconosciuta per la ricerca sui
temi della sostenibilità digitale – in occasione della Giornata Mondiale
della Protezione dei Dati del 28 gennaio, presenta oggi il “Rapporto
Privacy e Sicurezza”, che rivela come la consapevolezza generale
sull’importanza della protezione dei dati risulta spesso inferiore alla sua
effettiva rilevanza. Le differenze emergono tra grandi centri urbani e
piccoli comuni: nelle città si presta maggiore attenzione alla privacy, mentre
nei piccoli centri, a causa di un digital divide culturale e di una minore
consapevolezza dei rischi, la questione appare meno sentita. “La sostenibilità digitale non può prescindere da una gestione responsabile
dei dati personali.”ha affermato Stefano Epifani, Presidente
della Fondazione per la Sostenibilità Digitale. “Le piattaforme
digitali, ormai centrali nelle attività quotidiane, si basano in gran parte
sulle informazioni generate dagli utenti. Tuttavia, è cruciale che lo sviluppo
di queste tecnologie avvenga in un quadro di piena tutela della privacy,
garantendo agli individui il controllo sui propri dati e prevenendo utilizzi
impropri. In un contesto in cui non esiste più un “reale” ed un “virtuale” ma –
al più – un “analogico” ed un “digitale”, ed in un momento in cui una parte
sempre più importante della nostra vita è intermediata dalle piattaforme
digitali, è fondamentale che i cittadini si rendano conto del valore della
privacy, e che le istituzioni si attivino per garantirne la tutela.” – ha
continuato Epifani. I dati della
Ricerca Sviluppo
tecnologico, privacy e percezione degli italiani L’indagine
rivela che un italiano su quattro (25%) ritiene indispensabile ripensare la
privacy nell'era digitale, mentre il 24% non condivide questa necessità. Nei Grandi
Centri, il 30% della popolazione è convinto dell’importanza di ridefinire il
concetto di privacy, contro un 20% che si non lo ritiene necessario.
Percentuali praticamente invertite nei Piccoli Centri dove, invece, il 29%
degli abitanti non ritiene necessario un cambiamento, mentre il 19% lo
considera importante. Sono gli
effetti del digital divide culturale (i dati dell’osservatorio evidenziano come
proprio nei piccoli centri questo fenomeno sia particolarmente rilevante): i
Grandi Centri, più esposti alle sfide tecnologiche e ai temi legati alla
privacy, percepiscono la questione come più urgente, mentre nei Piccoli Centri
appare meno rilevante. I cittadini
digitalizzati e sensibili alla sostenibilità mostrano maggiore fiducia nel
cambiamento (36% convinti contro 16% scettici), confermando che competenze
digitali e sensibilità verso la sostenibilità favoriscono una visione positiva.
Chi, invece, non utilizza il digitale ma è attento alla sostenibilità riconosce
il potenziale impatto delle tecnologie, pur manifestando maggiore cautela. Preoccupante
è la posizione di coloro che non sono digitalizzati né sostenibili: il 40%
degli intervistati, ovvero 4 italiani su 10, appare ignaro o indifferente al
problema Consapevolezza, percezione, e
regolamentazione dei Social Network: I social
network come Facebook, Google, TikTok e Snapchat sono percepiti da molti
italiani come strumenti con un potere eccessivo nel condizionare i
comportamenti. Complessivamente, il 52% degli intervistati ritiene che questa
influenza sia significativa, il 23% la considera molto elevata, mentre il 25%
la giudica irrilevante. Nei Grandi
Centri urbani la preoccupazione è più marcata: il 31% degli intervistati
ritiene che i social esercitino un forte potere, rispetto al 15% nei Piccoli
Centri, dove il 32% considera l’influenza delle piattaforme poco o per nulla rilevante. Le opinioni
sono simili tra i diversi gruppi analizzati (concordano sull’influenza dei
social tra il 52% e il 59%), ma la fascia dei meno digitalizzati e meno
sensibili alla sostenibilità, soprattutto nei Piccoli Centri, mostra una
consapevolezza molto ridotta: solo il 5% di loro riconosce un elevato potere
alle piattaforme. Questo dato evidenzia una vera e propria disconnessione
culturale e una limitata esposizione a tali dinamiche. Per quanto
riguarda la regolamentazione, emerge una situazione di incertezza e incoerenza.
Il 22% degli italiani richiede interventi governativi più rigidi, percentuale
che aumenta al 29% nei Grandi Centri e scende al 16% nei Piccoli Centri.
Complessivamente, circa il 50% degli intervistati concorda sulla necessità di una
regolamentazione più severa. Tuttavia, nei Piccoli Centri, il 62% ritiene che
le regole interne alle piattaforme siano sufficienti, nonostante il 68% degli
stessi intervistati avesse precedentemente richiesto norme più rigide. Nei Grandi
Centri prevale una visione più coerente e consapevole: il 50% degli
intervistati si oppone alla sola autoregolamentazione delle piattaforme,
rispetto al 38% dei Piccoli Centri. Questi dati suggeriscono che nei Piccoli
Centri la comprensione delle implicazioni legate alla regolamentazione dei
social network è più limitata, mentre nei Grandi Centri si riscontra una
maggiore attenzione verso le dinamiche digitali. Attenzione alla privacy, anche
quella degli altri! Il Rapporto
evidenzia che solo il 24% degli italiani presta sempre molta attenzione alla
privacy altrui quando pubblica contenuti online, mentre il 50% dichiara di
farlo "abbastanza" e il 26% non se ne preoccupa affatto. Nei Grandi
Centri, la percentuale di chi verifica sempre l’impatto sulla privacy degli
altri sale al 31%, ma scende al 17% nei Piccoli Centri, dove il 32% non presta
alcuna attenzione (contro il 20% nei Grandi Centri). Le persone
digitalizzate e attente alla sostenibilità si dimostrano le più scrupolose: il
40% verifica sempre l’impatto delle proprie azioni, e il 46% lo fa con
regolarità. Anche gli utenti non digitalizzati, ma sensibili alla
sostenibilità, pur avendo meno competenze digitali, mostrano una discreta
attenzione alla privacy altrui quando pubblicano sui social. La protezione
della privacy è percepita come una priorità per il 34% degli intervistati,
mentre il 20% non la considera tale. Questa percezione varia significativamente
tra Grandi e Piccoli Centri: nei primi, il 45% concorda sull’importanza della
privacy e solo il 14% è in disaccordo; nei secondi, invece, appena il 22%
considera la privacy una priorità, mentre il 27% la giudica poco importante. Spostando
l’attenzione sul rapporto tra privacy e personalizzazione dei servizi digitali,
emerge una certa ambivalenza. Il 45% degli italiani ritiene che la privacy sia
"poco o per nulla" sacrificabile rispetto alla personalizzazione, ma
nei Piccoli Centri questa percentuale scende al 39%, con il 50% che si rifugia
nella risposta intermedia, "abbastanza". Questo dato evidenzia
un’incertezza culturale e una difficoltà nel comprendere le implicazioni delle
tecnologie di personalizzazione sulla tutela dei dati personali. Nei Grandi
Centri, invece, le opinioni appaiono più definite: il 52% respinge fermamente
l’idea che la personalizzazione debba prevalere sulla privacy, segno di una
maggiore consapevolezza dei rischi legati alla manipolazione dei dati
personali. In generale,
i dati rivelano che, sebbene la privacy sia riconosciuta come una priorità, nei
Piccoli Centri questo tema non sembra ancora radicato. Qui, l’attenzione alla
protezione dei dati appare percepita come una questione astratta o lontana, a
differenza dei Grandi Centri, dove l’importanza della privacy è più
consolidata. Responsabilità dei contenuti
pubblicati sui Social Network Nei Grandi
Centri, il 56% degli intervistati ritiene che la responsabilità dei contenuti
sui social debba ricadere sugli utenti che li producono, una posizione
decisamente più diffusa rispetto ai Piccoli Centri, dove la percentuale scende
al 41%. Al contrario, nei Piccoli Centri, il 23% attribuisce allo Stato il
compito di controllare i contenuti, contro appena il 10% nei Grandi Centri. In entrambi i
contesti, circa un terzo degli intervistati considera le piattaforme social
corresponsabili nella moderazione dei contenuti. Questa differenza di vedute
riflette una maggiore fiducia nelle istituzioni nei Piccoli Centri, mentre nei
Grandi Centri prevale una visione più decentralizzata, probabilmente legata a
una maggiore alfabetizzazione digitale e consapevolezza delle dinamiche online. #### Metodologia d’indagine: l'indagine 2024 ha coinvolto un
campione rappresentativo di cittadini italiani di diverse fasce d'età, livelli
di istruzione e posizioni sulla sostenibilità. I risultati evidenziano il ruolo
centrale delle tecnologie digitali nella trasformazione della mobilità urbana,
ma anche alcune ambivalenze significative. Il rapporto è basato sul DiSI™ City,
l’indice nato dalla partnership della Fondazione per la Sostenibilità Digitale
con l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” per misurare quanto il ruolo della tecnologia come strumento di
sostenibilità sia percepito da parte dei cittadini italiani. In particolare,
l’Osservatorio, nella rilevazione 2024/25, si è focalizzato sulle differenze di
percezione tra chi vive nelle grandi città e nei piccolissimi centri. L’elenco dei Partner e delle Università che attualmente fanno parte della
Fondazione può essere consultato al seguente link Per ulteriori
informazioni o approfondimenti, visitare il sito: www.sostenibilitadigitale.it Digital Sustainability IndexTM (DiSI) è un indice che misura il livello di consapevolezza dell’utente nell’uso
delle tecnologie digitali quali strumenti di sostenibilità. Serve cioè per
misurare le correlazioni tra tre elementi dell’individuo: il livello di
digitalizzazione, inteso come rapporto tra la propria competenza percepita e
quella desumibile da fattori oggettivi; il livello di sostenibilità, inteso
come il rapporto tra consapevolezza sul tema nelle sue dimensioni ambientale,
economica e sociale ed i conseguenti atteggiamenti e comportamenti; il livello
di sostenibilità digitale, inteso come la propensione dell’individuo ad
utilizzare consapevolmente le tecnologie digitali come strumenti a supporto
della sostenibilità. Nella
costruzione dell’indice si sono considerati quattro profili di popolazione
caratterizzati da specifiche attitudini verso il digitale e verso la
sostenibilità, che danno luogo a quattro quadranti: · Sostenibili digitali: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e
comportamenti orientati alla sostenibilità ed usano gli strumenti digitali; · Sostenibili analogici: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e
comportamenti orientati alla sostenibilità ma non usano gli strumenti digitali; · Insostenibili digitali: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e
comportamenti non orientati alla sostenibilità, ma usano strumento digitali; · Insostenibili analogici: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e
comportamenti non orientati alla sostenibilità, né usano strumento digitali. Digital Sustainability IndexTM (DiSI) è un marchio registrato della Fondazione per la Sostenibilità Digitale. Informazioni su Fondazione per la Sostenibilità Digitale: La Fondazione per la Sostenibilità Digitale
è la prima Fondazione di Ricerca in
Italia che analizza le correlazioni tra trasformazione digitale e sostenibilità
con l’obiettivo di supportare istituzioni e imprese nella costruzione di un
futuro migliore. La sua mission è quella di studiare le dinamiche indotte dalla
trasformazione digitale, con particolare riferimento agli impatti sulla
sostenibilità ambientale, culturale, sociale ed economica. In quest’ottica la
Fondazione sviluppa attività di ricerca, fornisce letture ed interpretazioni
della trasformazione digitale, offre indicazioni operative per gli attori
coinvolti, intercetta i trend del cambiamento e ne analizza gli impatti rispetto
allo sviluppo sostenibile. La Fondazione agisce attraverso una struttura
costituita da esperti indipendenti, istituzioni, imprese e università. Ai soci e
partner della Fondazione si affianca la Rete delle Università che costituisce
il sistema di competenze al quale fa riferimento la Fondazione per lo sviluppo
dei suoi progetti e che rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione tra
istituzioni ed aziende nello sviluppo di progetti e di attività dedicati alla
sostenibilità digitale. Tra le Università che fanno parte della Rete, l’Università Sapienza di Roma, l’Università di Pavia, l’Università Ca’
Foscari di Venezia, l’Università degli Studi di Cagliari, l’Università degli
Studi di Palermo, l’Università degli Studi di Firenze, l’Università degli Studi
di Trieste, l’Università di Perugia, L’Università per Stranieri di Perugia,
l’Università di Siena, l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo,
l’Università degli Studi di Torino, l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”,
l’Università degli Studi di Sassari. |